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Psichiatria Transculturale, lo specialista: “Poche realtà organizzate, serve formazione specifica”

Le cronache del fenomeno migratorio, in Sicilia, parlano chiaro: da più di 10 anni il nostro territorio è il primo punto di arrivo per un numero sempre più vasto di persone. Uomini, donne, bambini provenienti da aree diverse dell’Africa e del Medio-Oriente, portatori di una diversità culturale e religiosa fatta di sfaccettature spesso difficili da interpretare correttamente. Molti, inoltre, dall’esperienza della migrazione portano con sé le ferite fisiche e, soprattutto, psicologiche di un percorso spesso fatto di violenza, stupri e morte.

Per questo motivo, ormai da molti anni, le autorità sanitarie locali hanno organizzato alcuni punti di assistenza psichiatrica dedicati a chi è vittima di tratta o, generalmente, a chi arriva in Sicilia attraverso esperienze traumatiche. A spiegarlo a Cefpas4k è il dottor Aldo Virgilio, direttore dell’Unità di Psichiatria Transculturale dell’Asp di Catania, una delle poche realtà realmente strutturate che riesce a gestire, ogni giorno, pazienti di ogni tipo.

Una realtà che fa di Catania uno dei poli di “eccellenza” di questo tipo di assistenza. Un traguardo che, tuttavia, non basta per gestire il fabbisogno di cui ha la popolazione migrante presente in Sicilia.

“La nostra è una delle poche strutture in cui operano, accanto ai medici, anche figure fondamentali come gli antropologi e i mediatori culturali. Abbiamo bisogno di professionisti del genere per approcciare il problema a 360 gradi. Per fare questo si deve operare prima di tutto a livello regionale, prevedendone l’inserimento in pianta organica e, in secondo luogo, lavorando sulla formazione“, ha spiegato Aldo Virgilio.

La formazione è infatti il tassello fondamentale su cui puntare per immaginare, da qui al breve periodo, nuovi specialisti capaci di offrire assistenza sanitaria, psicologica e di interpretare in modo corretto le differenze culturali.

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